L'Ulivo: voto amministrativo agli immigrati dopo 5 anni di soggiorno regolare in Italia
Disegno di legge
L'Ulivo: voto amministrativo agli immigrati dopo 5 anni di soggiorno regolare in Italia
"Deve essere rivisto il principio tradizionale della legislazione italiana che lega il diritto di elettorato alla cittadinanza"
ROMA - Garantire il diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali, provinciali e concernenti le Città metropolitane ai soggetti che non siano cittadini italiani quando abbiano maturato cinque anni di regolare soggiorno in Italia.
Questo, in sintesi, l'obiettivo a cui mira il disegno di legge presentato dai senatori dell'Ulivo concernente le norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto di elettorato degli stranieri.
Il disegno di legge, voluto da un'iniziativa parlamentare del senatore Angius, è stato presentato al Senato lo scorso 25 luglio. Successivamente il ddl è stato assegnato alla 1ª Commissione permanente (Affari Costituzionali) in sede referente il 10 ottobre. Ad oggi non è ancora iniziato l'esame.
COINVOLGERE GLI STRANIERI
Secondo i senatori dell'Ulivo è necessario "porre con urgenza il coinvolgimento diretto degli stranieri, che vivono e lavorano stabilmente in Italia, nella vita politica, anche mediante il conferimento dell'elettorato attivo e passivo, non solo perché si pone nei confronti di queste persone il problema dell'applicazione del principio che dall'origine è alla base della democrazia in Europa, ossia il principio per cui non può negarsi la partecipazione alle decisioni pubbliche di chi continuativamente contribuisce al loro finanziamento mediante il prelievo fiscale, ma anche perché il voto degli immigrati diventa oggi una garanzia di buon governo, anzitutto per le regioni e le amministrazioni locali".
I governanti delle regioni e delle amministrazioni locali - spiegano i Senatori nel ddl - si trovano oggi a dover affrontare i problemi peculiari dell'immigrazione, che sono sovente problemi difficili e delicati, sul piano economico, culturale e sociale e della cui soluzione i governanti stessi rispondono politicamente soltanto ai cittadini italiani, senza che minoranze sempre più consistenti di persone straniere, ma stabilmente insediate nel nostro Paese, abbiano modo di far sentire direttamente la propria voce e farsi attivamente interpreti delle proprie esigenze".
(13 dicembre 2006)